L’Autorità Garante della concorrenza e del mercato dopo la querelle con Whatsapp, si è scagliata contro Vodafone e Fastweb. A scatenare l’ira dell’AGCM sarebbero state le rimodulazioni ingiustificate dei gestori per contratti su fissi e mobili, ritenute successivamente clausole vessatorie. Ma entriamo nel dettaglio!
Al centro della questione c’è quella facoltà che gli operatori, in questo caso Fastweb e Vodafone, si attribuiscono in merito alla rimodulazione delle tariffe, che spesso risultano generiche e immancabilmente ingiustificate.
Il gestore può sempre decidere di applicare alcune modifiche nei contratti, anche per quanto riguarda i costi, ma il tutto deve avvenire fornendo informazioni sulle motivazioni che giustificano la variazione. Ogni variazione non può avvenire con il fine unico di rendere le offerte più cospicue a discapito dei clienti.
L’AGCM è intervenuta sulla questione attraverso una nota:
“Tutte le eventuali variazioni unilaterali delle condizioni contrattuali, incluse quelle economiche, potranno essere effettuate solo sulla base di un giustificato motivo e che in caso di esercizio della facoltà di modifica unilaterale il professionista porterà a conoscenza del consumatore il motivo che giustifica la modifica, in modo opportuno e in tempo utile rispetto all’esercizio del diritto di recesso.”
Fastweb ha risposto, giustificando la propria posizione nel nome dell’applicazione della normativa sulle clausole vessatorie e di quella sullo ius variandi, che nell’ambito delle comunicazioni e anche a dal punto di vista comunitario non sarebbe previsto l’obbligo di indicare i giustificati motivi.
L’AGCM ha risposto, appellandosi al TAR del Lazio, che gli Stati membri possono stilare clausole più restrittive al fine di tutelare i diritti dei consumatori.
Vodafone e Fastweb hanno diritto di appello al tribunale amministrativo, ma per i prossimi 20 giorni saranno obbligati a pubblicare sui propri siti l’estratto del provvedimento sulla vessatorietà della clausole contrattuali appena citate.
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